Sant' Antonio Abate

La ricorrenza di S. Antonio abate cade il 17 gennaio: così quando si dice S. Antonio un'ora buona, si allude al guadagno di un'ora di luce al giorno. L'immagine del Santo l'abbiamo ancora ben stampata nella mente: una veduta del deserto e, in primo piano, S. Antonio abate: un fraticello appoggiato al bastone col campanello, circondato da tanti animali, tra questi l'immancabile porcellino, simbolo delle grasse tentazioni. Il tutto eseguito con grande semplicità e candore da suggerire tanta serenità. Il figurativo aveva una forte potenza di linguaggio e la mente rimaneva soggiogata dall'immagine. S. Antonio era anche raffigurato con un focherello accanto. Ecco che allora ogni anno, al 17 gennaio, si festeggia la ricorrenza del Santo con l'accensione dei falò, cioè con un'abbondante fiammata di materiale combustibile. Una volta c'era gente mobilitata per questo importante avvenimento. In uno spiazzo si approntava la catasta da bruciare con un'apertura alla base. Il fuoco veniva acceso in basso. Lentamente consumava il mucchio trasformandosi in brace. L'intera operazione abbisognava di una continua sorveglianza. Queste vampate di fiamme assicuravano anche un certo benessere e toglievano le preoccupazioni per i reumatismi e il mal di schiena. Bei tempi: bastava il falò di S.Antonio abate. In questo periodo dell'anno, ancora freddissimo ma con le giornate che sensibilmente si allungano una dopo l'altra, era consuetudine macellare il maiale per il consumo familiare. Si trattava di un giorno tutto particolare per le famiglie e, in fondo, era una festa per tutti, tranne che per il sacrificato, il quale, peraltro, aveva avuto la soddisfazione di vedere dosato ancora meglio il pastone, prima del digiuno breve e definitivo. Il masular (l'operatore) quel giorno stesso partecipava al desco familiare, perché, nel compenso, rientrava anche la partecipazione alla festa. La capacità dell'operatore stava proprio nel momento in cui le carni del suino, meglio se magre, venivano trattate per i cotechini, le mortadelle, per i salamini da cuocere e per quelli da mettere sotto grasso. C'era chi abbondava con una certa droga e dosava gli impasti con una formula segreta, in modo da dare quel sapore particolare che faceva venire l'acquolina in bocca solo a pensarci. Nulla andava perduto, a cominciare dal risvolto di lardo che, accuratamente salato, diventava prezioso non solo come condimento ma anche come companatico con il buon pane di meliga che ben si accompagnava per uno spuntino sempre gradito. E se quel giorno il bambino di casa piangeva e la buona massaia era commossa perché il grosso bestione grufolone veniva sacrificato, bastava l'incontro a tavola del mezzogiorno, all'insegna della vecchia tradizione, perché il ricordo si cancellasse, come se tutta la famiglia si trovasse di fronte ad una ondata di prosperità.

I testi e le foto presenti in queste pagine sono stati liberamente tratti da:

"Trecate - Tracce della sua gente "

Edito a cura della Parrocchia Maria Vergine Assunta di Trecate.

Autori: G. Peretti e F. Iacometti.

 

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